Beschreibung:

Ca. 50 S., Abb. Broschiert.

Bemerkung:

Einband etwas berieben, Seiten etwas gebräunt. - "In chartis" La carta come materia, come "mezzo", non soltanto come supporto. Quando, nel 1932, Tullio D'Albisola propone un libro di metallo, ove 'Timpaginazione definitiva" (di liriche di Marinetti) appare come "stesa sopra un aereo sfondo di alluminio, ricordo lirico di ala di aeroplano", il "leader" del Futurismo avverte subito: quella "sorprendente edizione" prova "che le parole in libertà e le tavole parolibere non erano soddisfatte di essere stampate sulla carta ma esigevano l'elasticità metallica", nella quale infatti trovano "un armonioso accompagnamento rumorista", e che insomma "un libro metallico non può ospitare che parole in libertà ed esclude tutte le forme letterarie tradizionali". "Le pagine di latta infatti", conclude, "col loro flessibile specchio, domandano la varietà di colori e di forme dei caratteri e impongono le prospettive di parole più o meno in profondità o in superfìcie delle tavole parolibere". Una parola visualizzata si realizzava in una materia nuova, meccanica, flessibile, traslucida, modificante, come appunto il metallo. Una stretta funzionalità fra materia e parola-segno, in tutta la sua fisicità fenomenica visiva. Ricordo l'impressione di una visita anni fa al reparto carte a mano delle Cartiere di Fabriano. Quella carta a mano mi attirava per la qualità della materia. Pensavo quanto sarebbe stato bello stamparvi un testo. Ma subito la sensazione era che il contatto fra la parola e quella materia, così inusuale, così eccezionalmente "materica", rispetto alla carta industriale che continuamente occupiamo nero su bianco, richiedesse un'eccezionaiità della parola stessa, una sua estrema decantazione, una sorta di sua assolutezza. Sollecitava insomma un pudore. Non necessariamente una parola che si esaltasse nella visualità, che si facesse segno, e provocasse una materia nuova, più dinamica, più cangiante. Ma almeno una parola che, nella chiarezza della mediazione (distanziante) tradizionale della scrittura, si adeguasse in qualche modo alla qualità della materia che l'accoglieva, e si esaltasse in quella sua qualità. Fosse appunto un segno verbale tipografico assoluto, ultimativo, adeguato alla qualità esaltante della carta manuale. Di una carta materia, e non soltanto anonimo supporto.