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Ca. 80 S. mit sehr zahlr. Abb. Broschiert.
Bemerkung:
Einband mit kl. Randläsuren. - Non molto tempo fa e in un'altra occasione, non tanto di presentazione critica vera e propria quanto di analisi e di lettura più distaccata dalla contingenza di una mostra, mi è stata offerta l'occasione per tentare di circoscrivere l'intero percorso di Luciano Bartolini secondo una chiave che vorrei definire, più che ogget-tiva e "storiografica", partecipata e generazionale. E su questa strada ho intenzione di continuare anche in questo caso. Vuoi per un intimo convincimento legato alla necessità di un discorso critico vicino, interconnesso, penetrante e comunque in sintonia concettuale e teorica, vuoi per il piacere di una avventura di sentimenti e sensibilità che non può accompagnare i mute voli tracciati di un comune spirito dei tempi. Ciò che può mettere in relazione, collegare ed anche intrecciare, a volte, destini diversi per scelta, per opportunità operative o per semplice casualità senza determinismi, è spesso il riconoscersi per affinità sottili sebbene lontane dall'emergenza del quotidiano o dal rumore di una realtà condizionata. La dimensione, o meglio, le dimensioni dell'arte facilitano e favoriscono questi intrecci ben al di là e ben oltre il concatenarsi degli eventi. E spesso si rivela una corrispondenza tra esterno e interno, tra esigenze d'espressione di carattere esplosivo e concentrazioni autoreferenziali, chiuse nel gioco di specchi di una verifica tautologica e puramente concettuale. Fasi estreme verificate e legittimate dalla storia più recente, se non fosse per il sottile dubbio che sempre si insinua ogni qualvolta i "meccanismi" risultano troppo oliati, finendo per incastrarsi in modo dolce, senza attrito e di conseguenza quasi prevedibili o quanto meno "avvistabili". E allora il dubbio assume consistenza e aumenta l'attrito, nella constatazione di uno scarto, di un diverso livello e di una variazione, anche minima, che diventa "differenza" e riqualifica ogni ondata e ogni possibile ripetizione. Dalla verifica ampia e dilatata alla piena emergenza individuale ma non solitària o preclusa agli stimoli e alle sollecitazioni da assorbire e filtrare, il passo può essere breve e rapido o lento e claudicante. Per Luciano Bartolini è sempre stato e continua ad essere tra i più agili e veloci e soprattutto con una "spinta" in più che lo porta ad avvantaggiarsi e a scostarsi lateralmente, al di là ed oltre ogni tendenza di moda ed ogni effimera onda corta. L'uso di materiali linguistici eterogenei e prelevati, senza soluzione di continuità, dagli àmbiti e dalle culture più diverse nel tempo e nello spazio, diventa più di un elemento di raccordo tra l'espressione individuale, da contenere entro i limiti di una possibile identificazione o cifra stilistica, e la tensione-vocazione a rielaborare sensibilmente una nuova sintassi visiva. Dove il disordine dei segni elabora e comunica un processo di rapporti simultanei, aggregati per flussi di memorie e non distinguibili da una sedimentazione atavica, mitica o più rigorosamente storica. Oppure, da una costante legittimazione avventurosa dei meandri di un itinerario di viaggio perseguito sulle coincidenze tra un'ideale mappa immaginaria e la reale geografia e topografia dei luoghi. Una sorta di nomadismo non metaforico ma piuttosto costante, eclettico, disponibile e lontano dalle carature artificiose di chi, negli ultimi anni, ha tentato di esibire la propria esclusiva soggettività come topos universale e assoluto. Centro e periferia di tutti i possibili percorsi, confinati a riflettersi in un'iterazione senza fughe, senza mistero e, alla fine, concentricamente svuotata e sterile. Proprio a partire dagli elementi più fragili, incerti, poveri, minimali e seriali, come i "kleenex", Bartolini trova il modo di reagire, di non farsi catturare dall'implicita idea di una negazione del fare e di un azzeramento reale e simbolico di un effetto "pittorico" consunto e ridotto all'ultimo grado. Tanto da dover esibire una nuda referenzialità di ordine strutturale e di fredda e desensibilizzata indagine linguistica. E lo fa, agganciando l'inconsistente matericità dei piccoli e bianchi quadrati di cellulosa ad un altro supporto cartaceo più solido e uniforme e senza occultare il procedimento tecnico dell'incollatura. Anzi, rendendolo preciso ed evidente tanto da trasformarlo in "immagine", in tessuto, in graticcio "decorativo" e in modulo, nuovamente dilatabile ed estensibile a ridefinire lo spazio e smisurarsi con l'ambiente. In un gioco raffinato di fughe prospettiche o di tracce evocative di paesaggi lontani, di sogni e di ombre reali, bloccate al di fuori del tempo in uno scatto fotografico... Assunto ad immergere nel flusso dell'esistenza un frammento fenomenologico labile ed effimero ma al tempo stesso identificato e proiettato all'esterno, a sperimentare come reale il passaggio da un mondo all'altro. Questi "passaggi" che vengono sottolineati ed enfatizzati anche in forma verbale e letteraria, adottando procedimenti di lingua poetica dal taglio sperimentale, si avviano a diventare parte integrante dell'opera. Ne fanno un contrappunto narrativo o lirico non solo nei numerosi "libri d'artista" che suggellano in modo costante un periodo o una fase del lavoro, ma spingono come all'estremo la necessità e l'urgenza di "tradurre" e di fissare un materiale effimero e volatile, un "contenuto" quasi inafferrabile, in forme analogiche varie, multiple e interagenti.